Interview. Matteo Cascetti

Artista italiano e tatuatore Matteo Cascetti lavora in uno stile raro per oggi, avvicinando l'arte del tatuaggio alle belle arti del passato. L'unicità e l'originalità dei suoi lavori colpiscono il cuore dei appassionati di tatuaggio moderno, liberi da qualsiasi tipo di limite e di vincoli nell'espressione personale.

Ciao Matteo. Partiamo dalle nostre domande tradizionali. Raccontaci, come è iniziato tutto per te? Come e quando sei entrato nel mondo del tatuaggio? Cosa facevi prima di questo?

- Ho iniziato a tatuare molto giovane, nel 1995 quando avevo 15 anni. Ero un adolescente turbolento e l'unica cosa che mi piaceva fare era disegnare. Quindi quando un ragazzo mi ha dato il mio primo tatuaggio nel 1994 in un'anticamera, sono stato immediatamente affascinato... Ho trovato il mio cammino, ho deciso, volevo dedicare la mia vita a questo arte. Ho fatto del mio meglio per poter acquistare l'attrezzatura per il tatuaggio, e dopo ciò, in serata, ho tatuato amici e parenti.

Quali professioni hai abbandonato per diventare tatuatore?

- Direi che non ho abbandonato nessuna professione, provengo da un paese del centro Italia e non avevo molte opportunità di studiare. In teoria, avrei potuto finire in una fabbrica, quando ancora esistevano posti di lavoro nelle aree, la situazione attuale nel centro Italia è peggiorata, le crisi economiche e i terremoti hanno spinto i giovani a lasciare il loro lavoro. Direi che ho fatto la scelta giusta, anche se all'epoca c'era meno tatuaggio, ora svolgo un lavoro che amo, sulla mia terra, con cui posso vivere dignitosamente e sostenere la mia famiglia.

Hai qualche formazione particolare?

- Sono autodidatta, in quei tempi non esistevano corsi, seminari e internet. Ci erano solo 3-4 negozi di tatuaggi per centinaia di chilometri, e tutti erano molto gelosi del loro lavoro... nessuno ti diceva niente, al massimo potevi andare, farti tatuare da loro e osservare.

Richiami il primo cliente e i tuoi sentimenti quando hai fatto il primo tatuaggio come maestro del tatuaggio?

- Ho trovato una macchina per tatuaggi scrivendo una lettera a un'azienda olandese che credo non esista più. Quando sono arrivato non sapevo nemmeno come montare le aghi ecc... in vari tentativi sono riuscito a saldare alcune aghi e ho fatto il mio primo tatuaggio, una rosa, sul polso del mio fratello maggiore... ero molto eccitato e avevo il sudore che scendeva dal mio fronte, ero entusiasta nel lavoro, oggi non è il migliore, ma in quei tempi quella piccola rosa aveva riempito tutti gli spazi vuoti della mia vita, era magico... non ho mai smesso, ero affamato di "sapere" di più, il tatuaggio mi aveva rapito.

Qual è il punto più attraente per te nel tatuaggio?

- Gli affetti che percepisco sono cambiati nel tempo. Da qualche anno volevo spingermi a migliorare la mia tecnica di più in più, e ogni sfumatura nascosta che riuscivo a ottenere mi riempiva di orgoglio. Nel tempo ho cominciato a capire che volevo creare opere uniche e riconoscibili nel tempo. Ora la parte che mi piace di più è la storia del mio cliente: è sempre un grande sfida riuscire a interpretare i pensieri e le emozioni umane...

Qual è la fonte dell'ispirazione per te?

- Disegnando da bambino, all'inizio, mi ispiravano gli artisti grandi del passato, da Caravaggio a Rembrandt... poi ho scoperto gli impressionisti e gli artisti moderni, amo Gauguin e George Braque. Molti artisti di tatuaggio mi ispirano anche loro. Anche se cerco di trasmettere la mia energia personale nei miei lavori, inevitabilmente sono influenzato da molte immagini con cui entro in contatto ogni giorno e attraverso i "social", tutto questo diventa sempre più frequente.
Un paio di anni fa, quando mio figlio aveva due anni, cominciò a disegnare su fogli di carta... in quel momento ho capito che non avevo imparato nulla, tutto quel lavoro tecnico compiuto aveva l'unico scopo di soddisfare il cliente, al di là della semplicità, quindi ho iniziato a smettere di imparare e a lasciarmi andare. Il mio migliore maestro è stato mio figlio.

Parlaci del tuo stile di lavoro.

- In questo momento nei miei lavori si nota facilmente un forte influenzamento cubista, anche se con alcuni toni più "morbidi". La condizione umana mostruosa mi ha sempre affascinato, anche se spesso la rappresento con un tocco di ironia e ricca di simboli. Probabilmente il disegno è la mia migliore medicina. Potrei definire il mio stile «introspezione».

Quali caratteristiche rendono il tuo tattoo veramente tuo e unico?

- Non lo so. Non credo di essere arrivato al mio "lampo sulla strada di Damasco". Non seguo uno stile preciso nel definire il mio "spettacolo artistico". Non voglio essere piacevole. Voglio divertirmi mentre faccio il mio lavoro e sentirmi eccitato alla fine.

Qual è il significato della parola «tattoo» per te?

- Mi piace credere che ogni persona che sceglie di ricevere un mio tattoo lo faccia con il desiderio di esprimere emozioni forti, belle o cattive. Di raccontare qualcosa di se stesso o della sua visione del mondo, un'espressione per rafforzare il proprio "io interno" in un mondo sempre più indifferente verso l'individuo pensante.
Oggi siamo considerati e trattati come una "folla" dal sistema, penso che il tattoo sia una pratica che ci riporta a un istinto primordiale, quello di identificarci come esseri umani ancora in grado di sognare e desiderare, un grido dal nostro inconscio per dire: qui, esisto ... e nascio e muoio ogni giorno.

Grazie, Matteo!

- Grazie mille!